Pagina:Boccaccio - Decameron di Giovanni Boccaccio corretto ed illustrato con note. Tomo 5, 1828.djvu/256

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mettano cura: non mettessono essi più in occupar quello de’ pupilli da me lasciati: e perciò alla tua liberal profferta imporrò che ti piaccia, quando di questo viluppo sarai fuori dislacciato, che con l’aiuto di Dio sarà tosto, che tu, a consolazione di me e ad alleggiamento della mia pena, alcuna elemosina facci, e facci dire alcuna messa nella quale per me si prieghi, e questo mi basterà. Ma s’io non erro, l’ora della tua diliberazione s’avvicina; e perciò dirizza gli occhi verso oriente, e riguarda alla nuova luce che par levarsi: la quale se ciò fosse che io avviso, qui non avrebbon luogo parole, anzi sarebbe da dipartirsi. Mentre lo spirito queste ultime parole dicea, a me, che ottimamente il suo desiderio ricolto avea, parve levar la testa verso levante, e parvemi veder surgere a poco a poco di sopra alle montagne un lume, non altrimenti che avanti la venuta del sole si lieva nell’oriente l’aurora: il quale, poichè in grandissima quantità il cielo ebbe imbiancato, subitamente divenne grandissimo, e senza più, verso di noi far sì che solamente coi raggi suoi, in quella guisa che noi talvolta veggiamo, tra due oscuri nuvoli trapassando il sole, in terra fare una lunga riga di luce, così, verso noi disceso, fece una via luminosa e chiara, non trapassante il luogo dove noi stavamo: la qual non prima sopra me venne, che io con molta maggiore amaritudine della mia coscienzia, che prima non avea fatto, il mio errore riconobbi: e poichè alquanto gustata l’ebbi, mi parve che non so che cosa grave e ponderosa molto d’addosso mi si levasse, e me, al quale prima immobile e impedito esser parea, senza saper di che, fe’ incontanente parere leggerissimo