Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/119

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Quivi ancora mi si paravano molte volte davanti giovini nobili, e di forma belli, e d’aspetto piacevoli, li quali per addietro piú volte con atti e modi diversi tentati aveano gli occhi miei, ingegnandosi di:trarre quelli a’ loro disii. Li quali poi che me cosí deforme un pezzo aveano mirata, forse contenti che io non gli avessi amati, si dipartivano dicendo: Guasta è la bellezza di questa donna.

Perchè nasconderò io a voi, o donne, quel che non solamente a me, ma generalmente a tutte dispiace d’udire? Io dico che, ancora che ’l mio Panfilo non fosse presente, per lo quale era a me sommamente cara la mia bellezza, con gravissima puntura di cuore d’avere quella perduta ascoltava.

Oltre a queste cose, ancora mi ricordo io essermi alcuna volta in cosí fatte feste avvenuto che io in cerchio con donne d’amore ragionanti mi sono ritrovata; là dove con disiderio ascoltando quali gli altrui amori siano stati, agevolmente ho compreso niuno si fervente nè tanto occulto nè con si grevi affanni essere stato come il mio, avvegna che de’ piú felici e de’ meno onorevoli il numero ne sia grande. Adunque in cotal guisa una volta mirando, e un’altra ascoltando ciò che nelli luoghi ne’ quali stava s’adoperava, pensosa passava il discorrevole tempo.

Essendo adunque per alcuno spazio le donne, sedendosi, riposate, m’avvenne alcuna volta che, rilevatesi esse alle danze, avendo me piú volte a quelle invitata indarno, e dimorando esse e li giovini parimente in quelle, con cuore d’ogni altra intenzione vacuo, molto attente, quale forse da vaghezza di dimostrare sè in quelle essere maestra, e quale dalla focosa Venere a ciò sospinta, io quasi sola rimasa a