Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/154

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con voce benigna e pietosa così mi disse: O anima mia dolce, qual cagione a questo pianto così doloroso nella quieta notte ti muove? Qual cosa, già è più tempo, t’ha sempre malinconica e dolente tenuta? Niuna cosa, che a te dispiaccia, dee essere a me celata. E` egli alcuna cosa, la quale il tuo cuore disideri, che per me si possa, che dimandandola tu, fornita non sia? Non se’ tu solo mio conforto e bene? Non sai tu che io sopra tutte le cose del mondo t’amo? E di ciò non una pruova, ma molte ti possono far vivere certa. Dunque perchè piagni? Perchè in dolore t’affliggi? Non ti paio io giovine degno alla tua nobiltà? O reputimi colpevole in alcuna cosa, la quale io possa ammendare? Dillo, favella, scuopri il tuo disio: niuna cosa sarà che non s’adempia, solo che si possa. Tu, tornata nell’aspetto, nell’abito e nelle operazioni angosciosa, mi dài cagione di dolorosa vita, e se mai dolorosa ti vidi, oggi mi se’ più che mai apparuta. Io pensai già che corporale infermità fosse della tua palidezza cagione; ma io ora manifestamente conosco che angoscia d’animo t’ha condotta a quello in che io ti veggio; per che io ti priego che quello che di ciò t’è cagione mi scuopra.

Al quale io con feminile subitezza preso consiglio al mentire, il quale mai per addietro mia arte non era stata, così rispondo: Marito a me più caro che tutto l’altro mondo, niuna cosa mi manca la quale per te si possa, e te più degno di me senza fallo conosco, ma solo a questa tristizia per addietro e al presente recata m’ha la morte del mio caro fratello, la quale tu sai. Essa a questi pianti, ogni volta che a memoria mi torna, mi strigne; e non certo tanto la morte, alla quale noi tutti conosco che