Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/205

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cosa che rapinosa morte il purgherebbe; ma se essa pure in vita si sostenne così come già dissi, agevolmente il mise in oblio, come mettere si sogliono le cose morte.

E oltre a ciò con costei accompagno la doglia che sentì Laudomia, e quella di Deifile e d’Argìa e di Evannes e di Deianira e d’altre molte, le quali o da morte o da necessaria dimenticanza furono racconsolate. E che può cuocere il fuoco, o il caldo ferro, o li fonduti metalli a chi dentro subitamente vi tuffa il dito, e sùbito fuori nel trae? Senza dubbio credo che molto, ma nulla è a rispetto di chi per lungo spazio vi sta dentro con tutto il corpo; il che a quante ne ho di sopra in pene discritte, si può dire il simigliante essere incontrato nelle loro doglie, là dove io in esse sono stata e sto continuamente.

Sono state le predette noie amorose; ma, oltre a queste, lagrime non meno triste mi si parano davanti, mosse da miserabili e inoppinati assalti della fortuna, se quello è vero che egli sia generazione di sommo infortunio l’essere stato felice. E queste sono quelle di Giocasta, d’Ecuba, di Sofonisba, di Cornelia e di Cleopatras. Oh quanta miseria, bene investigando di Giocasta gli avvenimenti, vedremo noi avvenuta tutta a lei pertinente ne’ giorni suoi, possibile a turbare ogni forte animo! Ella, giovine maritata a Laio re tebano, il primo suo parto convenne che alle fiere mandasse a divorare, credendo per quello il misero padre fuggire quello che li cieli con còrso infallibile gli apprestavano. Oh chente dolore dobbiamo pensare che questo fosse, e maggiore pensando il grado di colei che mandava! Ella poi da’ portanti il tristo figliuolo certificata di ciò che fatto aveano, lui reputando morto, dopo