Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/38

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sollecitudine e isconcia entrata per troppo bene.

Alla quale dopo molto averla ascoltata, io dissi: O vecchia, taci, e contro agl’iddii non parlare. Tu oramai a questi effetti impotente, e meritamente rifiutata da tutti, quasi volontaria parli contro di lui, quello ora biasimando che altra volta ti piacque. Se l’altre donne di me più famose, savie e possenti, così per addietro l’hanno chiamato e chiamano, io non gli posso dare nome di nuovo; a lui sono veramente suggetta, quale che di ciò si sia la cagione, o la mia felicità o la mia sciagura, e più non posso. Le forze mie, più volte alle sue oppostesi, vinte, indietro si sono tirate. Adunque, o la morte o il giovine disiato resta per sola fine alle mie pene; alle quali tu, piuttosto, se così se’ savia come io ti tengo, porgi consiglio e aiuto, il quale minori le faccia, io te ne priego, o tu ti rimani di inasprirle, biasimando quello a che l’anima mia, non potendo altro, con tutte le sue forze è disposta.

Ella allora sdegnando, e non senza ragione, senza rispondermi, non so che mormorando con seco, me, della camera uscita, lasciò soletta.

Già s’era, senza più favellarmi, partita la cara balia, li cui consigli male per me rifiutai, e io, sola rimasa, le sue parole nel sollecito petto fra me volgea; e ancora che abbagliato fosse il mio conoscimento, di frutto le sentiva piene e quasi ciò che assertivamente avea davant a lei detto di voler pur seguire, pentendomi, nella mente mi vacillava, e già cominciando a pensare di volere lasciare andare le cose meritevolmente dannate, lei voleva richiamare alli miei conforti; ma nuovo e sùbito accidente me ne rivolse, però che nella secreta mia camera, non so onde venuta, una bellissima