Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/179

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aiuto, ma d’accrescerla, e solamente cerco di difendere la vita di Biancifiore ingiustamente condannata a morte. E tu, o santa Venus, nel cui servigio io sono, aiutami. Io vo più ardito per la promessa che con la tua santa bocca mi facesti. Non mi dimenticare: mostrisi qui quanto la tua forza possa adoperare. E similmente tu, o santa Giunone, donandomi il tuo aiuto, consenti che io vincendo faccia manifesto il malvagio inganno, il quale questi iniqui, contra i quali io ora vo, copersero col tuo santo uccello, non servandoti la debita reverenza. E voi, o qualunque deità abitate le celestiali regioni, siate al mio soccorso intente; e massimamente tu, Astrea, la cui giusta spada mio padre intende di sozzare con innocente sangue, aiutami -. E così dicendo e tutt’ora cavalcando, pervennero al dolente luogo per lungo spazio avanti dì: e quivi il nuovo giorno aspettarono.

La misera Biancifiore, non sappiendo perchè con tanto furore nè sì subitamente presa fosse, quasi tutta stupefatta, sanza alcuna parola sostenne la grave ingiuria, entrando nell’oscurissima e tenebrosa carcere; la quale serrata, acciò che alcuna persona materia non avesse di poterle in alcuno atto parlare, a cui ella scusandosi poi la sua scusa ad altri porgesse, il re prese a sè la chiave. E dimorando là entro Biancifiore, niuno sì picciolo movimento v’era che forte non la spaventasse, e varie imaginazioni, che la fantasia le recava avanti, le porgeano molta paura, e ’l suo viso impalidito e smorto non dava alcuna luce nella cieca prigione; onde ella per greve doglia incominciò a piangere e a dire: Oimè misera, quale può essere la cagione di tanta ingiuria?