Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/242

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nel giardino, per più leggermente passare il rincrescimento dell’attendere, incominciarono a cantare una amorosa canzonetta con voce tanto dolce e chiara, che più tosto d’angioli che d’umane creature pareva: e di queste voci pareva che tutto il bel giardino risonasse allegro. Le quali udendo, Florio si maravigliò molto, dicendo: Che novità è questa? Chi canta qua entro ora sì dolcemente? -. E con gli orecchi intenti al suono, incominciò ad andare in quella parte ove il sentiva; e giunto presso alla fontana, vide le due giovinette. Elle erano nel viso bianchissime, la qual bianchezza quanto si convenia di rosso colore era mescolata. I loro occhi pareano matutine stelle; e le piccole bocche di colore di vermiglia rosa, più piacevoli diveniano nel muovere alle note della loro canzone. E i loro capelli come fila d’oro erano biondissimi, i quali alquanto crespi s’avolgeano infra le verdi frondi delle loro ghirlande. Vestite per lo gran caldo, come è detto sopra, le tenere e dilicate carni di sottilissimi vestimenti, i quali dalla cintura in su strettissimi mostravano la forma delle belle menne, le quali come due ritondi pomi pingevano in fuori il resistente vestimento, e ancora in più luoghi per leggiadre apriture si manifestavano le candide carni. La loro statura era di convenevole grandezza, e in ciascun membro bene proporzionate. Florio, vedendo questo, tutto smarrito fermò il passo, e esse, come videro lui, posero silenzio alla dolce canzone, e liete verso lui si levarono, e con vergognoso atto umilmente il salutarono. - Gl’iddii vi concedino il vostro disio - rispose; Florio. A cui esse risposero: Gl’iddii ne l’hanno conceduto, se tu nel