Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/333

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bisogno tu il sai: provedivi sanza indugio, acciò che il numero delle mie miserie non multiplichi. E tu, o vendicatrice Diana, nel cui coro io per difetto di virginità non avrei minor luogo, aiutami: io sono ancora del tuo numero, e disidero d’essere infino a quel tempo che l’inghirlandato Imineo mi penerà a concedere liete nozze. Concedi che io possa i tuoi beneficii interi servare al mio Florio, al quale se i fati non concedono che essi pervengano, prima la morte m’uccida che quelli tolti mi sieno -. E mentre che Biancifiore queste parole fra sè tacita pregando dicea, soave sonno sopravenutole, le parole e le lagrime insieme finio.

Diana, che delli alti regni conoscea la miseria in che Biancifiore era venuta per le operazioni di lei, in se medesima si riputò essere vendica del non ricevuto sacrificio, e temperò le sue ire con giusto freno, e i santi orecchi piegò a’ divoti prieghi di Biancifiore; e li suoi scanni lasciati, a quelli di Venere se n’andò, e così le disse: O dea, sono alle tue orecchie pervenuti i pietosi prieghi della tua Biancifiore, come alle mie? -. - Certo sì - rispose Citerea, - e già di qui mi volea muovere per andare a porgerle il dimandato conforto; ma tu, che niuna tua ira vuoi sanza vendetta da te cacciare, lascia omai le soperchievoli offese e perdona il disaveduto fallo alla innocente giovane, acciò che io non abbia cagione di contaminare i tuoi cori con più asprezza. Tu non meno di me se’ tenuta d’aiutare costei, però che ben che essa aggia me col core servita e serve, nondimeno ha ella te sempre con le operazioni servita, e ora a te, come a me, soccorso nella presente avversità domanda -. -