Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/320

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non avea conceputo, così sanza alcuna doglia spuose il suo santo portato: il quale, acciò che dal freddo che era grande il guardasse, povera di panni, nel fieno, che davanti al bue e all’asino era, l’involse. E che deono fare gli uomini, poi che quelle bestie, conoscendo il Salvatore del mondo, s’inginocchiarono, quella reverenza faccendogli che il loro poco conoscimento amministrava? In quell’ora s’udirono l’angeliche voci degli angeli tornanti al cielo, cantando ’Gloria in excelsis Deo’, con quanto di quello inno si legge poi. In quell’ora si videro per lo mondo mirabili cose, e massimamente in questa città. Or non ruinò elli quella notte il gran tempio della pace, il quale, secondo a’ romani domandanti fu risposto, doveva tanto durare che la Vergine partorisse, per che essi, imaginando quella mai non dover partorire, nella sommità della porta di quello scrissero "il tempio della pace etterno", e sopra le ruinate mura fu poi edificato un altro salutifero tempio, da colei nominato che Vergine partorì? Non la imagine di Romolo, re de’ romani, cadde e tutta si disfece? Certo sì; e l’imagini fatte a dimostrazione delle mondane provincie, a’ romani suddite, tutte si ruppero, né restò nel mondo alcuno idolo intero. Quella notte, oscurissima, divenne chiara come bel giorno, e una fonte d’acqua viva in liquore d’olio in questa città si converse, e olio corse tutto quel glorioso giorno infino al Tevero. E apparve a tre re orientali, stanti sopra il vittoriale monte, quel giorno una stella chiarissima, nella quale elli videro un fanciullo piccolo con una croce in testa, e parlò loro che in Giudea il cercassero. E quel giorno medesimo, avvegna che alcuni dicano che