Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/360

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che tutto posso, e a cui niuno pari si truova, e in cui il tuo figliuolo con la sua sposa e co’ suoi compagni credono novellamente, a’ cui piaceri se tu benignamente non acconsenti, io il farò in tua presenza, o vuogli tu o no, regnare tanto che de’ suoi giorni il termine fia compiuto, il quale niuno può passare: e te farò viver tanto, che tu la sua morte vedrai. Appresso la quale, la ribellione de’ tuoi baroni ti fia manifesta, i quali davanti agli occhi tuoi, contradicendolo tu, a poco a poco il tuo regno ti leveranno: e quello perduto, in tanta miseria verrai, che il morire di grazia mille volte il giorno domanderai, né ti sarà dato, prima che le mani t’abbia per rabbia rose; e dopo questo vituperevolemente morrai, e abominevole a tutto il mondo -. E questo detto, a un’ora tacque la voce e sparve lo splendore. Per che il re desto e pauroso, in sé molte volte ripeté l’udite parole dicendo: Or chi potrebbe esser costui che tutto puote, che sì aspramente ne minaccia? Certo la sua venuta venuta di Dio risembra, e similemente il partire! Dunque è da temere, e da fare i piaceri suoi, anzi che incorrere nella sua ira: ma come gli farò, ch’io nol potei vedere né nol conosco? -. E in questi pensieri stando, sanza punto più la notte dormire che dormito infino allora avesse, venne il giorno, e egli si levò. E sappiendo che gli ambasciadori di Florio non erano partiti, a sé gli fece chiamare, e umilemente li pregò che di ciò che detto avea la passata sera niente al figliuolo narrassero, però che egli, spaventato con minacce la notte dal novello Iddio, avea mutato proposito, e però gli dicessero ch’egli venisse, e troverialo ad ogni suo piacere disposto.