Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/54

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disse: "Io potrei, s’io il dicessi, commettere tra costoro cosa che io mai non viverei lieta: per altro modo si vuole levare via"; e imaginò una sottile malizia. Ella mandò così dicendo a Tarolfo, che se egli tanto l’amava quanto mostrava, ella volea da lui un dono, il quale come l’avesse ricevuto, giurava per li suoi iddii, e per quella leanza che in gentile donna dee essere, che essa farebbe ogni suo piacere; e se quello che domandava, donare non le volesse, ponessesi in cuore di non stimolarla più avanti, se non per quanto egli non volesse che essa questo manifestasse al marito. E ’l dono il quale ella dimandò fu questo. Ella disse che volea del mese di gennaio, in quella terra, un bel giardino e grande, d’erbe e di fiori e d’alberi e di frutti copioso, come se del mese di maggio fosse, fra sé dicendo: "Questa è cosa impossibile: io mi leverò costui da dosso per questa maniera". Tarolfo, udendo questo, ancora che impossibile gli paresse e che egli conoscesse bene perché la donna questo gli domandava, rispose che già mai non riposerebbe né in presenza di lei tornerebbe, infino a tanto che il dimandato dono le donerebbe. E partitosi della terra con quella compagnia che a lui piacque di prendere, tutto il ponente cercò per avere consiglio di potere pervenire al suo disio; ma non trovato lui, cercò le più calde regioni, e pervenne in Tesaglia, dove per sì fatta bisogna fu mandato da discreto uomo. E quivi dimorato più giorni, non avendo ancora trovato quello che cercando andava, avvenne che essendosi egli quasi del suo avviso disperato, levatosi una mattina avanti che ’l sole s’apparecchiasse d’entrare nell’aurora, incominciò tutto soletto ad andare per lo misero