Pagina:Boccaccio - Il Filostrato di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto su i testi a penna, 1831.djvu/113

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PARTE TERZA 101


LXII.


Io ardo più che mai, ma questo fuoco
     Ch’io sento nuovo, è d’altra qualitate
     Che quel di prima; or mi rinfresca il giuoco,
     Sempre nel cor pensando alla beltate
     Che n’è cagion; ma vero è che un poco
     Le voglie mie più calde che l’usate
     Fa di tornar nell’amorose braccia,
     E di baciar la delicata faccia.

LXIII.


Saziar non si poteva il giovinetto
     Di ragionar con Pandaro del bene
     Il qual sentito aveva, e del diletto,
     E del conforto dato alle sue pene,
     E dell’amor che portava perfetto
     A Griseida, in cui sola la spene
     Aveva posta, e messone in oblio
     Ogni suo altro fatto e gran disio.

LXIV.


Fra picciol tempo, la lieta fortuna
     Di Troilo, rendè luogo a’ suoi amori;
     Il qual, poscia che fu la notte bruna,
     Dei suo palagio solo uscito fuori,
     Senza nel ciel vedere stella alcuna,
     Per lo cammino usato a’ suoi dolzori
     Nascosamente se n’entrò, e cheto
     Nel luogo usato e’ si stette segreto.