Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
PARTE TERZA | 103 |
LXVIII.
Io non mi credo ch’el possa giammai
Questo fuoco allenar, com’io credea
Che el facesse, poi che insieme assai
Fossimo stati, ma ben non vedea;
L’acqua del fabbro su gettata ci hai,
Sicchè egli arde più che non facea,
Perchè mai non t’amai quant’ora t’amo,
Che giorno e notte ti disio e bramo.
LXIX.
Troilo a lei diceva il simigliante,
Tenendosi amendue in braccio stretti;
E motteggiando usavan tutte quante
Quelle parole, ch’a cotai diletti
Si soglion dir tra l’uno e l’altro amante,
Baciandosi le bocche, gli occhi e’ petti,
Rendendo l’uno all’altro le salute,
Che scrivendosi insieme eran taciute.
LXX.
Ma il nemico giorno s’appressava,
Come per segno si sentiva aperto,
Il qual ciascun cruccioso bestemmiava,
Parendo lor ch’egli si fosse offerto
Più tosto assai ch’offrirsi non usava,
Il che doleva a ciascun per lo certo;
Ma poi che più non si poteva, allora
Ciascun su si levò senza dimora.