Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
PARTE TERZA | 105 |
LXXIV.
O luce eterna, il cui lieto splendore
Fa bello il terzo ciel, dal qual ne piove
Piacer, vaghezza, pietade ed amore;
Del sole amica, e figliuola di Giove,
Benigna donna d’ogni gentil core,
Certa cagion del valor che mi muove
A’ sospir dolci della mia salute,
Sempre lodata sia la tua virtute.
LXXV.
Il ciel, la terra, lo mare e l’inferno,
Ciascuno in sè la tua potenzia sente,
O chiara luce; e s’io il ver discerno,
Le piante, i semi, e l’erbe parimente,
Gli uccei, le fiere, i pesci con eterno
Vapor ti senton nel tempo piacente,
E gli uomini e gli dei, nè creatura
Senza di te nel mondo vale o dura.
LXXVI.
Tu Giove prima agli alti effetti lieto,
Pe’ qua’ vivono e son tutte le cose,
Movesti, o bella dea; e mansueto
Sovente il rendi all’opere noiose
Di noi mortali, e il meritato fleto
In liete feste volgi e dilettose;
E in mille forme già quaggiù il mandasti,
Quand’ora d’una ed or d’altra il pregasti.