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106 IL FILOSTRATO


LXXVII.


Tu ’l fiero Marte al tuo piacer benegno
     Ed umil rendi, e cacci ciascun’ira;
     Tu discacci viltà, e d’alto sdegno
     Riempi chi per te, o dea, sospira;
     Tu d’alta signoria merito e degno
     Fai ciaschedun secondo ch’el disira;
     Tu fai cortese ognuno e costumato,
     Chi del tuo fuoco alquanto è infiammato.

LXXVIII.


Tu in unità le case e le cittadi,
     Li regni, e le provincie, e ’l mondo tutto
     Tien, bella dea; tu dell’amistadi
     Se’ cagion certa e di lor caro frutto:
     Tu sola le nascose qualitadi
     Delle cose conosci, onde ’l costrutto
     Vi metti tal, che fai maravigliare
     Chi tua potenza non sa riguardare.

LXXIX.


Tu legge, o dea, poni all’universo,
     Per la qual esso in esser si mantiene;
     Nè è alcuno al tuo figliuolo avverso,
     Che non sen penta, se d’esser sostiene;
     Ed io che già con ragionar, perverso
     Li fui, aval, sì come si conviene,
     Mi riconosco innamorato tanto,
     Ch’esprimere giammai non potre’ quanto.