Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
PARTE TERZA | 107 |
LXXX.
Il che, se avvegna ch’alcuno riprenda,
Poco men curo, che non sa che dirsi:
Ercole forte in questo mi difenda,
Che da amore non potè schermirsi,
Avvegna ch’ogni savio il ne commenda;
E chi con frode non vuol ricoprirsi
Non dirà mai che a me fia disdicevole
Ciò che ad Ercole fu già convenevole.
LXXXI.
Adunque io amo, e intra’ grandi effetti
Tuoi, questo più mi piace e aggrada;
Questo seguisco, in cui tutti i diletti
Son (se diritto l’anima mia bada),
Più che in altro compiuti e perfetti,
Anzi da questo ogni altro si disgrada;
Questo mi fa seguitar quella donna,
Che di valore più ch’altra s’indonna;
LXXXII.
Questo m’induce avale a rallegrarmi,
E farà sempre, sol che io sia saggio;
Questo m’induce, o dea, tanto a lodarmi
Del tuo lucente e virtuoso raggio,
Per lo qual benedico che alcun’armi
Non mi difeser dal chiaro visaggio,
Nel qual la tua virtù vidi dipinta,
E la potenza lucida e distinta.