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110 IL FILOSTRATO


LXXXIX.


Io non ho grazie quai si converrieno
     A te da me, o bella luce eterna,
     Però prima tacer che non appieno
     Renderle: vuo’mmi tu chiara lucerna
     Al desiderio mio non venir meno?
     Prolunga, cela, correggi e governa
     Il mio ardore, e quel di questa a cui
     Son dato, e fa’ che non sia mai d’altrui.

XC.


Nell’opere opportune alla lor guerra
     Egli era sempre nell’armi il primiero;
     Che sopra’ Greci uscia fuor della terra,
     Tanto animoso, e sì forte e sì fiero,
     Che ciascun ne dottava, se non erra
     La storia; e questo spirto tanto altiero
     Più che l’usato gli prestava amore,
     Di cui egli era fedel servidore.

XCI.


Ne’ tempi delle triegue egli uccellava,
     Falcon, girfalchi ed aquile tenendo;
     E tal fïata con li can cacciava,
     Orsi, cinghiali, e gran lion seguendo,
     Li piccoli animai tutti spregiava;
     Ed a’ suoi tempi Griseida vedendo
     Si rifaceva grazïoso e bello
     Come falcon ch’uscisse di cappello.