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122 | IL FILOSTRATO |
XXVIII.
I miseri occhi per pietà del core
Forte piangeano, e parean due fontane
Ch’acqua gittassero abbondevol fuore;
Gli alti singhiozzi del pianto, e le vane
Parole, ancor toglievano il valore;
Le quali ancor delle passate strane,
Null’altro fuor che morte gian chiedendo,
Gl’iddii e sè bestemmiando e schernendo.
XXIX.
Da poi che la gran furia diede loco,
E per lunghezza temperossi il pianto,
Troilo acceso nel dolente foco
Sopra ’l suo letto si gittò alquanto;
Non restando però punto nè poco
Di pianger forte e di sospirar tanto,
Che ’l capo e ’l petto appena gli bastava,
A tanta noia quanta si donava.
XXX.
Poi poco appresso cominciò a dire
Seco nel pianto: o misera fortuna,
Che t’ho io fatto, che ad ogni desire
Mio sì t’opponi? Non hai tu più alcuna
Altra faccenda fuor che ’l mio languire?
Perchè sì tosto hai voltata la bruna
Faccia ver me, che già t’amava assai
Più ch’altro iddio, come tu crudel sai?