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144 | IL FILOSTRATO |
CXIV.
Oimè lassa, trista e dolorosa,
Ch’a me convien portar la penitenza
Del tuo peccato, che tanto noiosa
Vita non meritai per mia fallenza.
O verità del ciel luce pietosa,
Come sofferi tu cotal sentenza,
Ch’un pecchi, e l’altro pianga, com’io faccio,
Che non peccai, e di dolor mi sfaccio?
XCV.
Chi potrebbe giammai narrare a pieno
Ciò che Griseida nel pianto dicea?
Certo non io, che al fatto il dir vien meno,
Tant’era la sua noia cruda e rea.
Ma mentre tai lamenti si facieno,
Pandaro venne, a cui non si tenea
Uscio giammai, e ’n camera sen gio,
Là dov’ella faceva il pianto pio.
XCVI.
El vide lei in sul letto avviluppata
Ne’ singhiozzi, nel pianto e ne’ sospiri;
E ’l petto tutto e la faccia bagnata
Di lacrime le vide, ed in disiri
Di pianger gli occhi suoi, e scapigliata,
Dar vero segno degli aspri martirj;
La qual come lui vide, fra le braccia
Per vergogna nascose la sua faccia.