Pagina:Boccaccio - Il Filostrato di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto su i testi a penna, 1831.djvu/175

Da Wikisource.

PARTE QUARTA 163


CLI.


Appresso pensa che la mia onestate
     E la mia castità, somme tenute,
     Di quanta infamia sarien maculate,
     Anzi del tutto disfatte e perdute
     Sarieno in me, nè giammai rilevate
     Per iscusa sarieno, o per virtute
     Ch’io potessi operar, che ch’io facessi,
     Se anni centomila in vita stessi.

CLII.


Ed oltre a questo, vo’ che tu riguardi
     A ciò che quasi d’ogni cosa avviene;
     Non è cosa sì vil, se ben si guardi,
     Che non si faccia disiar con pene,
     E quanto più di possederla ardi,
     Più tosto abominío nel cor ti viene,
     Se larga potestade di vederla
     Fatta ti fia, e ancor di ritenerla.

CLIII.


Il nostro amor, che cotanto ti piace,
     È perchè far convien furtivamente,
     E di rado venire a questa pace;
     Ma se tu m’averai liberamente,
     Tosto si spegnerà l’ardente face
     Ch’ora t’accende, e me similemente;
     Perchè se ’l nostro amor vogliam che duri,
     Com’or facciam, convien sempre si furi.