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PARTE QUINTA | 181 |
XXXIV.
Questa città è grande e dilettosa,
Ed ora è in tregua, siccome tu sai,
Andianne in qualche parte grazïosa
Di qui lontana, e quivi ti starai
Con alcun d’esti re, e la noiosa
Vita con esso lui trapasserai,
Mentre che passi il termine c’ha dato
La bella donna che t’ha il cor piagato.
XXXV.
Deh fallo, io te ne prego, leva suso,
Non è atto magnanimo il dolersi
Come tu fai, ed il giacer pur giuso;
E s’e’ tuoi modi sì stolti e diversi
Fuor si sapesson, saresti confuso;
E diria l’uom, che tu de’ tempi avversi,
Come codardo, e non d’amor piangessi,
O che d’essere infermo t’infingessi.
XXXVI.
Oimè! chi molto perde piange assai,
Nè ’l può conoscer chi non l’ha provato
Qual è quel ben che io andar lasciai;
Però non doverci esser biasmato
S’altro che pianger non facesse mai;
Ma poichè tu, amico, m’hai pregato,
Conforterommi a tutto mio potere,
In tuo servigio e per farti piacere.