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PARTE SETTIMA | 215 |
XXV.
Com’el fu desto, cominciò a pensare
Sopra di ciò che in sogno avea veduto;
E chiaro parve a lui considerare,
Che volea dir ciò che gli era apparuto;
E prestamente si fece chiamare
Pandaro, il qual come a lui fu venuto,
Piangendo cominciò: Pandaro mio,
La vita mia non piace più a Dio!
XXVI.
La tua Griseida, oimè, m’ha ingannato,
Di cui io più che d’altra mi fidava,
Ell’ha ad altrui il suo amor donato,
Il che più che la morte assai mi grava:
Gl’iddii me l’hanno nel sogno mostrato:
E quinci il sogno tutto gli narrava;
Poi cominciò a dir quel che volea
Sì fatto sogno, e così gli dicea:
XXVII.
Questo cinghiar ch’io vidi è Diomede,
Perocchè l’avolo uccise il cinghiaro
Di Calidonia, se si può dar fede
A’ nostri antichi, e sempre poi portaro
Per sopransegna, siccome si vede,
I discendenti il porco. Oimè amaro
E vero sogno! questi l’avrà il cuore
Col parlar tratto, cioè il suo amore.