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238 | IL FILOSTRATO |
XCIV.
E gentilezza dovunque è virtute,
Questo nol negherà niuno che ’l senta,
Ed elle sono in lei tutte vedute,
Se dall’opra l’effetto s’argomenta:
Ma pur partitamente a tal salute
È da venir, sol per lasciar contenta
Costei che tanto d’ogni gente parla,
Senza saper che sia quel ch’ella ciarla.
XCV.
Se non m’inganna forse la veduta,
E quel ch’altri ne dice, più onesta
Di costei nulla ne fia mai nè è suta;
E se ’l ver odo, sobria e modesta
È oltre all’altre, e certo la paruta
Di lei il mostra; e similmente è questa
Tacita ove conviensi e vergognosa,
Che in donna è segno di nobile cosa.
XCVI.
Appar negli atti suoi la discrezione,
E nel suo ragionare, il quale è tanto
Saldo e sentito e pien d’ogni ragione,
Ed io ne vidi in parte uguanno quanto
Fosse, in la scusa della tradigione
Fatta per lei del padre, e nel suo pianto
Del suo altiero e ben reale sdegno
Con dicenti parole diede segno.