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256 | IL FILOSTRATO |
II.
Costei, siccom’io so, che spesso il sento,
Mi può far nulla, e molto più da fare
Che io non sono, e quinci l’argomento
Della cagion del tuo lungo parlare
Credo che nasca, ed io me ne contento,
Che più da ciò che dalle doglie amare
Venuto sia; ma ciò che si sia stato,
Noi siamo al fine da me disiato.
III.
Noi siam venuti al porto, il qual cercando
Ora fra scogli ed or per mare aperto,
Con zefiro e con turbo navigando
Andati siam, seguendo per l’incerto
Pelago l’alta luce e ’l venerando
Segno di quella stella, che esperto
Fa ogni mio pensiero al fin dovuto,
E fe’ poi che da me fu conosciuto.
IV.
Estimo dunque che l’ancore sieno
Qui da gittare e far fine al cammino;
E quelle grazie con affetto pieno,
Che render deve il grato pellegrino
A chi guidati n’ha, qui rendereno;
E sopra il lido, ch’ora n’è vicino,
Le debite ghirlande e gli altri onori
Porremo al legno delli nostri amori.