Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
PARTE PRIMA | 19 |
XXIII.
Io provai già per la mia gran follia
Qual fosse questo maladetto fuoco.
E s’io dicessi che amor cortesia
Non mi facesse, ed allegrezza e giuoco
Non mi donasse, certo i’ mentiria,
Ma tutto il bene insieme accolto, poco
Fu o niente, rispetto a’ martirj,
Volendo amare, ed a’ tristi sospiri.
XXIV.
Or ne son fuor, mercè n’abbia colui
Che fu di me più ch’io stesso pietoso,
Io dico Giove, iddio vero, da cui
Viene ogni grazia, e vivommi in riposo:
E benchè di veder mi giovi altrui,
Io pur mi guardo dal corso ritroso,
E rido volentier degl’impacciati,
Non so s’io dico amanti o smemorati.
XXV.
O cecità delle mondane menti,
Come ne seguon sovente gli effetti
Tutti contrarii a’ nostri intendimenti!
Troil va ora mordendo i difetti,
E’ solleciti amor dell’altre genti,
Senza pensare in che il ciel s’affretti
Di recar lui, il quale amor trafisse
Più ch’alcun altro, pria del tempio uscisse.