Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
32 | IL FILOSTRATO |
II.
Pandaro, disse Troilo, qual fortuna
T’ha qui condotto a vedermi morire?
Se la nostra amistade ha forza alcuna,
Piacciati quinci volerti partire,
Ch’io so che grave più ch’altra nessuna
Cosa ti fia il vedermi morire;
Ed io non sono per più stare in vita,
Tant’è la mia virtù vinta e smarrita,
III.
Nè creder tu che l’assediata Troia,
O d’armi affanno, o alcuna paura,
Cagion mi sia della presente noia,
Quest’è tra l’altre la mia minor cura;
Altro mi strigne a pur voler ch’io muoia,
Ond’io mi dolgo della mia sciagura;
Che ciò si sia non ten curare amico,
Ch’io ’l taccio per lo meglio e non tel dico.
IV.
Di Pandar crebbe allora la pietade,
Ed il disio di voler ciò sapere,
Ond’el seguì: se la nostra amistade,
Come soleva, t’è ora in piacere,
Discuopri a me qual sia la crudeltade
Che di morir ti fa tanto calere;
Ch’atto non è d’amico, alcuna cosa
Al suo amico di tener nascosa.