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PARTE SECONDA | 37 |
XVII.
Leva su, dimmi, di’ chi è costei,
Dillomi tosto sì ch’io veggia via
Al tuo conforto, ch’altro non vorrei.
È ella donna che sia in casa mia?
Deh dimmel tosto, che s’ella è colei,
Ch’io vo meco pensando ch’ella sia,
Non credo che trapassi il giorno sesto,
Che ti trarrò di stato sì molesto.
XVIII.
Troilo a questo nulla rispondea,
Ma ciascun’ora più ’l viso turava;
E pure udendo ciò che promettea
Pandaro, seco alquanto più sperava:
E’ volea dire, e poi si ritenea,
Tanto d’aprirlo a lui si vergognava;
Ma stimolandol Pandaro, si volse
Ver lui piangendo, e tai parole sciolse.
XIX.
Pandaro mio, vorrei esser già morto,
Pensando a quel ch’amore m’ha sospinto,
E s’io potessi senza farti torto
Celarlo, già non men sarei infinto;
Ma più non posso, e se tu sei accorto
Siccome suoi, veder puoi che distinto
Amor non ha che l’uomo ami per legge,
Fuor che colei cui l’appetito elegge.