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40 IL FILOSTRATO


XXVI.


Ma perciocchè ’l disio s’è impedito
     All’operare, e tutto simigliante
     Non conosciuto, parmi per partito
     Poter pigliar, che ciascheduno amante
     Possa seguire il suo alto appetito,
     Sol che sia savio in fatto ed in sembiante,
     Senza vergogna alcuna di coloro
     A cui tien la vergogna e l’onor loro.

XXVII.


Io credo certo, ch’ogni donna in voglia
     Viva amorosa, e null’altro l’affrena
     Che tema di vergogna; e se a tal doglia,
     Onestamente medicina piena
     Si può donar, folle è chi non la spoglia,
     E poco parmi gli cuoca la pena.
     La mia cugina è vedova, e disia;
     E se ’l negasse nol gliel crederia.

XXVIII.


Poichè sentendo te saggio ed accorto,
     A lei e ad amendue posso piacere,
     E a ciascuno donar pari conforto,
     Poscia che occulto il dovete tenere,
     E fia come non fosse; e farei torto,
     Se in ciò non ne facessi il mio potere
     In tuo servigio; e tu sii saggio poi,
     Nel tener chiuso tal’opera altroi.