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56 | IL FILOSTRATO |
LXXIV.
L’acqua furtiva, assai più dolce cosa
È che il vin con abbondanza avuto:
Così d’amor la gioia, che nascosa
Trapassa assai, del sempre mai tenuto
Marito in braccio; adunque vigorosa
Ricevi il dolce amante, il qual venuto
T’è fermamente mandato da Dio,
E sodisfa’ al suo caldo disio.
LXXV.
E stando alquanto, poi si rivolgea
Nell’altra parte: misera, dicendo,
Che vuoi tu far? non sai tu quanto rea
Vita si trae con esso amor languendo,
Nella qual sempre convien che si stea
In pianti, ed in sospiri, ed in dolendo?
Avendo poi per giunta gelosia,
Che peggio è assai che non è morte ria.
LXXVI.
Appresso a questo, chi al presente t’ama,
È di troppo più alta condizione
Che tu non se’; quest’amorosa brama
Gli passerà, ed in abusíone
Sempre t’avrà, e lasceratti grama,
D’infamia piena e di confusíone:
Guarda che fai; che il senno da sezzo
Nè fu, nè è, nè fia mai d’alcun prezzo.