za de’ libidinosi intorno al fiatoso e abbominevole atto venereo, il quale è in tanto al naso e agli occhi noioso, e allo intelletto umano, che se non fosse che la natura ha in quello posto maraviglioso diletto, acciocchè l’umana specie per non generare non venga meno, io sono d’opinione che ciascuno come fastidiosissima cosa il fuggirebbe. E la dilettazione la quale questa bestia ha del sangue del becco, assai chiaro dimostra l’appetito che ciascuna delle parti di quelli, che a questa turpitudine si congiungono, hanno del fine di quello disonesto atto, nel quale il sangue de’ miseri dannosamente, tante volte quante per altro che per generare si versa, non meno biasimevolmente che se in una fetida sentina si gittasse, si perde: senzachè, per questo i nervi indeboliscono, il veder ne raccorcia, i membri ne diventan tremuli, e la nodosa podagra, con gravissima noia di chi l’ha, tiene tutto il corpo quasi immobile e contratto: e cosi non solamente se n’offende Iddio, ma ancora se ne guastano i miseri la persona. Per questo convenne a Gaio Antonio, poste giù l’armi, militare con l’animo dietro a Catellina; e come che più non me ne ridica or la memoria, non è da dubitare che i passati secoli non sieno stati così copiosi come veggiamo l’odierno. Ultimamente dissi, questo animale essere crudele, per la qual crudeltà è da intendere la crudeltà di questo peccato, il quale quegli che più con lui si dimesticano e congiungono, le più delle volte conduce a crudelissime specie di morte. Quanti robusti giovani, quante vaghe donne, mentre senza alcun freno questo disonesto diletto hanno seguito,