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Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo I, 1831.djvu/118

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98 COMENTO DEL BOCCACCI

hanno già la lor morte, dopo faticosa infermità, avacciata? Quanti ancora, non potendo sostenere, nè porre modo al loro fervente desiderio di pervenire a quello, hanno sè medesimi disonestamente disfatti? Il non potere aspettare Demofonte suo amico condusse Fillide ad impiccarsi. La miseria di questo vizio diede ad Artabano Mede vittoria sopra Sardanapalo. E qual porco crederem noi che uccidesse Adone, altro ch’il soperchio coito con Venere reina di Cipri sua moglie? Bene adunque si può questa bestia dire essere la concupiscenza carnale, la quale lusinghevole insino alla morte, con tutte quelle mortali dolcezze ch’ella porge, facendosi incontro alla sensualità umana, qualora l’animo, riconosciuta la tristizia di quella, da essa partir si vuole e alle divine cose tornarsi, con non piccola forza s’ingegna di ritenerlo, non partendoglisi dinanzi dal volto; quasi voglia dire, rammemorandosi tutte quelle persone che già sono state amate, tutti quegli atti, tutte le parole che già sono state piaciute; le lagrime, la promessa fede, i rotti saramenti con pietoso aspetto ricordandogli, con false dimostrazioni suadendogli, che questa castità, questo proponimento riserbi agli anni vecchi, e non voglia ora perdere quello che mai non dee potere recuperare. Con li quali conforti, e altri molti a questi simiglianti, nel quarto dell’Eneida mostra Virgilio essersi Didone ingegnala di ritenere Enea, e dalla gloriosa impresa rivolgerlo, come già assai dal buon principio hanno rivolti al doloroso fine d’eterna perdizione. Questa adunque si parò davanti al nostro autore, per doverlo fare nelle abban-