Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo I, 1831.djvu/127

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SOPRA DANTE 107

d’avvedimento nel male adoperare, ne minaccia e spaventa di ruine, di tempeste, di tribulazioni, se della sua via usciremo; attorniandoci sempre con aguati, non forse da quelle dovessimo deviare. E in tanta ansietà con le sue dimostrazioni assai volte ci reca, che toltoci lo sperar della divina misericordia, a volontaria morte c’induce: e così impedisce tanto chi vuole alla via della verità ritornare, che egli nelle tenebre eterne il conduce. E queste sono le paure, questi sono gl’impedimenti e le noie che preparate e date da’ nostri nemici ne sono, e il nostro ben volere adoperare impedito e frastornato, come nella corteccia della lettera l’autore ne dimostra.

Mentre ch’io ruinava in basso loco.

Nella precedente parte di questo Canto è stato dimostrato, per opera della divina grazia il peccatore aver conosciuto il suo stato, e desiderar d’uscir di quello, e tornare alla via della verità, da lui per lo mental sonno smarrita: e oltre a ciò quali sieno le cose le quali il suo tornare alla diritta via impediscano: in questa parte dimostra il divino aiuto al suo scampo mandatogli, acciocchè schifato lo impedimento delli detti vizii esso possa quel cammin prendere e seguire che opportuno è alla sua salute: e come questo mandato gli fosse, più distintamente si mostrerà nel Canto seguente. E perciocchè, come noi per esperienza vegglamo, coloro i quali delle infermità si lievano essere deboli e male atanti della persona, così creder dobbiamo esser l’anima, la quale dalla infermità del peccato levandosi, s’ingegna di tornare alla sua sanità: e come il nostro corpo infermo, senza l’aiuto