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132 | COMENTO DEL BOCCACCI |
venerunt: andò, e fu sensibilmente; volendo per questo s’intenda Enea, non per visione o per contemplazione essere andato in inferno, ma col vero corpo e sensibilmente. E questo prende l’autore da ciò che Virgilio scrive nel sesto dell’Eneida, nel quale dice, che essendo Enea, poichè di Sicilia si partì, pervenuto nel seno di Baia, e quivi in assai tranquillo mare, dando per avventura riposo a’ suoi compagni, e desideroso di sapere quello che di questa sua peregrinazione gli dovesse avvenire; essendo andato al lago d’Averno, dove aveva udito essere 1’oracolo della Sibilla Cumana, ed esso altresì la pregò che in inferno il menasse al padre, e dietro alla sua guida, vivo e con l’arme discese: e per quello passando, pervenne ne’ campi Elisii, laddove quelli che in istato di beatitudine erano, secondo l’antico errore. E perciò dice l’autore che egli andò sensibilmente.
Perchè se l’avversario d’ogni male,
cioè Iddio, Cortese fu, di lasciarlo andare senza alcuna offensione, non è maraviglia: pensando l’alto effetto, Che uscir dovea di lui, cioè d’Enea, e ’l chi, e l’ quale, cioè Cesare dettatore, o Ottaviano imperadore, de’ quali ciascun fu da molto; e ciascun si potrebbe dire essere stato fondatore della imperial dignità; perciocchè quantunque Cesare non fosse imperadore, egli fu dettatore perpetuo, e fu il primo dopo i re cacciati di Roma, il quale recò nelle sue mani violentemente tutto il governo della repubblica: del quale occupamento seguì il triumvirato di Ottaviano e de’compagni: e da quello essendo da Ottaviano per loro bestialità posti giù dell’uficio del