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136 | COMENTO DEL BOCCACCI |
sto, ordinò e fe’i suol successori sempre con la loro potenza esser presti contra a ciascheduno, il quale infestasse o turbasse la quiete della chiesa di Dio e dei pastori di quella. Perchè meritamente dice l’autore, essere stabiliti e Roma e l’imperio per lo santo luogo della apostolica fede. E poi conoscendo Iddio, al quale nulla cosa è nascosa, questo, non è da maravigliare se esso fu cortese ad Enea di lasciarlo andare in inferno: e massimamente sapendo, che esso dovea laggiù udir cose, le quali l’animerebbono a dover dare opera a quello di che dovea questo seguire. E poi soggiugne l’autore. Per questa andata, di Enea in inferno, onde, cioè della quale, tu mi dai vanto, cioè promessione dicendo di menarmi laggiù benchè in alcuni libri si legge:
Per questa andata, onde tu gli dai vanto,
ad Enea commendandolo, ed estollendolo per quella, la ove tu di’ nel sesto dell’Eneida,
Noctes, atque dies patet atri janua Ditis:
Sed revocare gradum, superasque evadere ad auras,
Hoc opus, hic labor est: pauci, quos aequus amavit
Juppiter, aut ardens evexit ad aethera virtus,
Dîs geniti potuêre.
Per le quali parole, estimo migliore questa seconda lettera che la prima: intese cose, Enea, che furon cagione Di sua vittoria, in quanto riempiendolo di buona speranza, il fecero animoso all’impresa contro a Turno re de’ Rutuli, del quale avuto vittoria, e già in Italia divenuto potente, ne segui l’effetto che poco avanti si legge cioè, del papale ammanto. Vuol qui l’autore per parte s’intenda il