dopo la lor morte duri lunghissimo tempo; estimando che quanto più dura, più certo testimonio renda della virtù di colui che guadagnata l’ha. Ed in questo la donna gli compiace, in quanto gli dice quello che gli è grato ad udire: e oltre a ciò, dicendo quella dovere essere perpetua, mostra di credere lui essere stato per sua grandissima virtù degno d’eterna fama. Ma perciocchè qui di questa fama si fa menzione, e ancora in più parti nel processo se ne farà, e di sopra abbiamo scritta la sua origine, estimo che sia commendabile il mostrare, anzi che più procediamo, che differenza sia tra onore e laude, e fama e gloria, acciocchè dove nelle cose seguenti menzion se ne farà s’intenda in che differenti sieno: e questo dico, perocchè già alcuni indifferentemente posero l’un nome per l’altro, de’ quali forse furo di quelli che non sapevano la differenza. Dico adunque che onore è quello, il quale ad alcuno in presenza si fa, o meritato o non meritato che l’abbia, comechè il meritato sia vero onore, e l’altro non così: siccome a Scipione Africano, il quale avendo magnificamente per la repubblica contro a Cartagine aoperato, tornando a Roma gli fu preparato il carro triunfale, e fattigli tutti quegli onori che al triunfo aspettavano, che eran molti. E questo era vero e debito onore, che per virtù di colui che il riceveva s’acquistava. A dimostrazione della qual cosa è da sapere, che Marco Marcello nel quinto suo consolato, secondochè dice Valerio, avendo vinto primieramente Clastidio, e poi Serngusa in Sicilia, e botato in questa guerra un tempio alla Virtù e all’Onore, fu per lo collegio