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SOPRA DANTE | 165 |
que che quelli i quali, come detto è, seco talvolta raccolti sono, quantunque vere conoscano le dimostrazioni della ragione, e santi i suoi consigli, nondimeno d’altra parte ascoltando le lusinghe della blanda carne, i conforti del mondo, le persuasioni del diavolo, a poco a poco cacciando della mente loro il fervor preso del bene adoperare, non fermato ancora da alcun forte proponimento, intiepidiscono e divengon vili e timidi; avvisando, per li conforti de’suoi nemici, sè non dovere poter bastare a quello che il bene adoperare e lo stato della penitenza richiede. Per la qual viltà, se da solenne aiuto, cacciata non è, assai leggiermente miseri volgiamo i passi, e nella nostra morie ci ritorniamo: la qual cosa all’autore avvenia, se le pronte e vere dimostrazioni della ragione non l’avesser ritenuto e confortato a seguitar l’impresa.
Ultimamente dissi che era da vedere qual cagione movesse Virgilio, e perchè del limbo a venire in aiuto dell’autore, alla qual dimostrazione tiene questo ordine l’autore. E’ pare essere assai manifesto, che ciascheduno il quale dalla grazia operante di Dio tocco si desta, e vede la miseria nella quale le sue colpe l’hanno condotto, e cacciate le tenebre della ignoranza, conosce in quanto mortal pericolo posto sia, che egli dopo alcuna paura desideri fuggire il pericolo e ricorrere alla sua salute: il che, non che l’uomo, ma eziandio ogni altro animale naturalmente procura. E questo assai bene apparisce l’autore aver cominciato a fare nel principio della presente opera; in quanto desto, e conosciuto il suo malvagio