angustam portam, qui lata, et spatiosa via est, quae ducet ad perditionem, et multi sunt, qui intrant per eam. E così per questa via il peccato ne mena a dannazione eterna: ed è questa via ampia, a farne chiari agevole cosa essere il peccare, e quello essere assoluto da ogni strettezza di regola: il che delle virtù non avviene, le quali son ristrette e limitate dalli loro estremi. L’essere senza alcun serrarne, ne mostra assai chiaro in ogni ora, in ogni tempo essere a ciascun, volendo, possibile d’entrare nella via della morte, ed andare ad eterna perdizione. E ancora si può per l’ampiezza di questa porta comprendere, essa in tanta larghezza1 distendersi, che in qualunque parte del mondo l’uom pecca, trovi di questa porta la larga entrata. E fu aperta questa dalla superbia dell’angiolo malvagio, il quale primieramente ardì di levare la fronte contro a colui che creato l’avea, nè mai poi si richiuse; dentro alla quale entrata l’umana considerazione, dietro a’ passi della ragione, nel vestibulo della perdizione eterna vede i cattivi e inerti, come nella lettera è dimostrato, correre dietro ad una insegna aggirandosi; e questi essere agramente stimolati da mosconi e da vespe: e il sangue di questi dolenti essere ricevuto da putridi vermini, li quali perciò all’entrata della perduta vita dimostrati ne sono, acciocchè da essi prendiamo, quanto abbominevole colpa sia quella inerzia, veggendo essa non solamente alla divina giustizia, ma ancora a’ diavoli dispiacere. E per questo siamo am-
- ↑ Discendersi.