detto è, esso trapassa l’anime di quelli che in peccato mortale morti sono. E però avanti che della seconda maniera tocchiamo, è da vedere quello che l’autore senta per questo fiume, che per lo nocchiere, che per la nave, e che per lo remo col quale dice, che batte qualunque s’adagia. Vuole adunque per questo fiume l’autore disegnare la vita presente, la quale ottimamente dir si può simile ad un fiume; perciocchè siccome il fiume corre continuo, sempre declinando, senza mai in su ritornare, così la nostra vita dal dì del nostro nascimento, sempre e con velocissimo corso declina verso la morte senza mai indietro rivolgersi. Il che ci è, oltre alla continua esperienza, per la divina Scrittura mostrato, nella quale leggiamo: omnes morimur, et quasi aquae dilabimur in terram, quae non revetuntur, Sono oltre a ciò i fiumi, quando per abbondanza d’acque, e quando per forza di venti tempestosi. Il che similemente della nostra vita addiviene; perciocchè alcuna volta addiviene per troppa mondana felicità, che noi gonfiamo e divegnam superbi, e non ricappiendo in noi, e non essendo a’ nostri termini contenti esondiamo. E come i fiumi in danno de’ campi vicini talvolta traboccano, così noi in danno del prossimo e di noi medesimi trabocchiamo: e similmente siamo da diversi impeti della fortuna fieramente afflitti, e infestati negli animi nostri. E come il fiume volge grandissime pietre nel suo fondo, così noi nel segreto del nostro petto, continuamente rivolgiamo gravissime e noiose sollecitudini: e nè altrimenti che i fiumi con le loro circunvoluzioni talvolta traugugian le