Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
214 | COMENTO DEL BOCCACCI |
non che d’altrui, ma eziandio de’ demoni, aver misericordia, e perdonar loro e menargli in ita eterna.
La seconda maniera del passare in inferno, cioè di valicare il fiume d’Acheronte, par che l’autore voglia qui essere per una spezie di sentenza, la quale si chiama interlocutoria, la quale nostro Signore dà in questa forma. Che qualunque uomo che cade in peccato mortale, sia incontanente messo nella prigion del diavolo: ma nondimeno esserci con questa condizione, che se egli d’avere commesso quel peccato, per lo quale è servo del diavolo divenuto, si vuole riconoscere, e per penitenza riconciliarsi a Dio, che egli possa così uscire della detta prigione e ritornare in sua liberta; e dove riconoscer non si voglia, s’intenda in perpetuo esser dannato a dovere stare in quella prigione, nella quale noi miseri Tutto ’l dì caggiamo, e all’unghie del diavolo di nostra volontà le gole porgiamo: la qual cosa avvenire descrive l’autore sotto questa fizione. Dice adunque per sè medesimo, e così ciascun può per sè medesimo intendere, che, la terra lagrimosa, cioè la presente vita, la quale è piena di lagrime e di miserie, diede vento,
Che balenò una luce vermiglia,
cioè uno splendore grande, in apparenza vano e fugace siccome è il vento, il quale niuno può nè pigliar né tenere, e sempre fugge. E questo splendore, dice essere stato balenato da questa cosa vana, a dimostrazione che della vanità delle cose della presente vita nasca questa luce a guisa di baleno, il lume del quale essendo subito reca seco ammirazione, e poi subita-