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Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo I, 1831.djvu/334

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314 COMENTO DEL BOCCACCI

E questo ho, senza più, che poter dire del primo Zenone. L’altro Zenone chi si fosse altrimenti nè donde non so; ma quasi una medesima costanza di animo alla precedente ne ho che raccontare. Essendo adunque questo Zenone, secondochè Valerio Massimo scrive nel terzo libro, fieramente tormentato da un tiranno chiamato Clearco, il quale per forza di tormenti s’ingegnava di sapere chi fossero quegli che con lui congiurati fossero nella sua morte, della quale Zenone tenuto avea consiglio; dopo alquanto, senza averne alcun nominati, disse sè esser disposto a manifestargli quello che esso addomandava, ma essere di necessità che alquanto in disparte si traessero. Perchè così da parte tiratisi, Zenone prese Clearco per l’orecchia co’ denti, nè mai il lasciò, primachè tronca gliele avesse, comechè egli da’ circustanti amici del tiranno ucciso fosse.

E vidi ’l buono accoglitor del quale,

cioè della qualità dell’erbe: e che esso intenda dell’erbe, si manifesta per lo filosofo nominato, il quale intorno a quelle fu maravigliosamente ammaestrato: Dioscoride dico.

Dioscoride nè di che parenti, nè di qual città natio fosse, non lessi giammai: e di lui niuna altra cosa ho che dire, se non che esso compose un libro, nel quale ordinatamente discrisse la forma di ciascuna erba, cioè come fossero fatte le frondi di quelle, come fosser fatte le loro radici, come fosse fatto il gambo, e come i fiori, e come i frutti di ciascuna, e come il nome, e similmente le virtù di quelle: e vidi Orfeo.