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SOPRA DANTE | 29 |
va. E così parendogli, si volse indietro, come fa colui che notando è pervenuto alla riva, a rimirar lo posso, pericoloso della oscura selva, che non lasciò giammai, uscire di sè, persona viva. Questa parola non si vuole strettamente intendere essere viva, perciocchè qui usa l’autore una figura che si chiama iperbole, per la quale non solamente alcuna volta si dice il vero, ma si trapassa oltre al vero:
come fa Virgilio, che per manifestare la leggerezza della Cammilla, dice che ella sarebbe corsa sopra l’onde del mare turbato, e non s’arebbe immollate le piante de’ piedi, E perciò si vuole intendere qui sanamente l’autore, cioè che di quello pericoloso passo pochi ne sieno usciti vivi; perciocchè se alcuno non avesse vivo lasciato giammai, l’autore, che dice sè esserne uscito, come sarebbe vivo?
E poi che’ ebbi posato il corpo lasso,
per la fatica sostenuta,
Ripresi via per la piaggia diserta;
e così mostra avere abbandonata la valle per dover salire al monte, cioè in si fatta maniera andando,
Che ’l piè fermo sempre era il più basso.
Mostra l’usato costume di coloro che salgono, che sempre si ferman più in su quel piè che più bassa rimane.
Ed ecco, quasi al cominciar dell’erta.
In questa terza parte dimostra l’autore, qual cosa fosse quella che lo impedisse a dovere di quel luogo uscire, e dice ciò essere stato tre bestie, per la fierezza delle quali, non che salir più avanti, ma egli fu per tornare indietro nel pericolo dal quale