sia nè i versi de’ poeti, ma con solerte vigilanza quegli avere studiati e intesi: il che se negare alcuno volesse non puote, conciossiecosachè spessissime volte questo santo uomo ne’ suoi volumi induca Virgilio e gli altri poeti; nè quasi mai nomina Virgilio senza alcuno titolo di laude. Similemente e Geronimo dottore esimio e santissimo uomo, maravigliosamente ammaestrato in tre linguaggi, il quale gl’ignoranti si sforzano di tirare in testimonio di ciò che essi non intendono, con tanta diligenza i versi de’ poeti studiò, e servò nella memoria, che quasi paia nelle sue opere non avere senza la testimonianza loro formate. E se essi non credono questo, veggano, tra gli altri suoi libri, il prologo del libro il quale egli chiama Hebraicarum quaestionum, e considerino se quello è tutto terenziano. Veggano se esso spessissime volte, quasi suoi assertori induce Virgilio e Orazio; e non solamente questi, ma Persio e gli altri minori poeti. Leggano oltre a questo quella facondissima epistola da lui scritta a santo Agostino, e cerchino se in essa l’ammaestrato uomo pone i poeti nel numero de’ chiarissimi uomini, li quali essi si sforzano di confondere. Appresso, se essi nol sanno, leggano negli atti degli Apostoli e troveranno, se Paolo vaso d’elezione studiò i versi poetici, e quelli conobbe e seppe; e sì troveranno lui non avere avuto in fastidio, disputando nello Areopago contro la ostinazione degli Ateniesi, d’usare la testimonianza dei poeti, e in altra parte avere usato il testimonio di Menandro comico poeta quando disse: Corrumpunt bonos mores colloquia mala. E similmente se io