gamente parlando, dir si può di questo quello esserne, che san Gregorio afferma di quella, cioè questo libro essere un fiume piano e profondo nel quale l’agnello puote andare, e il leofante notare: cioè in esso si possono i rozzi dilettare, e i gran valenti uomini esercitare. Ma avendo già l’una delle due parti in questo primo canto mostrata, cioè come quegli che di minor sentimento sono, si possano intorno al senso litterale non solamente dilettare, ma ancora e nudrire e le lor forze crescere in maggiori; è da dimostrare la seconda, intorno alla quale si possano gli ingegni più sublimi esercitare: la qual cosa si farà aprendo quello che sotto la crosta della lettera sta nascoso. Intorno alla qual cosa sono da considerare, quanto è alla prima parte del presente canto, dieci cose: delle quali la prima sarà il veder quello che il nostro autore voglia sentire per lo sonno, il quale dice che ricordar non lascia come nella oscura selva s’entrasse. La seconda, come noi in questo sonno ci leghiamo. La terza, qual fosse la diritta vìa la quale per questo sonno dice d’avere smarrita. La quarta, qual cosa potesse essere quella che il movesse a ravvedersi, che esso avesse la diritta via smarrita. La quinta, perchè più nel mezzo del cammino di nostra vita che in altra età. La sesta, quello che egli intenda per quella selva tanto oscura e malagevole, quanto dimostra esser quella nella quale dice si ritrovò. La settima, perchè più nel principio del dì che ad altra ora scriva d’essersi ravveduto. La ottava, quello che vuole s’intenda per li raggi del sole apparitigli, e per lo monte, nella sommità del quale gli