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126 COMENTO DEL BOCCACCI

vinum, cum stavescit in vitro color ejus: ingreditur blande, et in novissimo mordebit, ut coluber. Per la qual cosa di questa così fatta spezie di golosi maravigliandosi Job dice: Numquid potest quis gustare, quod gustatum affert mortem? Nè è dubbio alcuno la ebrietà essere stata a molti cagione di vituperevole morte, come davanti è dimostrato. È questa golosità madre della lussuria, come assai chiaramente testifica Jeremia dicendo: venter mero aestuans, facile despumat in libidinem, E Salomon dice: luxuriosa res est vinum, et tumultuosa ebrietas; quicumque in his delectabitur, non erit sapiens. E san Paolo volendoci far cauti contro alla forza del vino, similmente ammaestrandoci dice: Nolite inebriari vino, in quo est luxuria. È ancora questa spezie di golosità pericolosissima inquanto ella, poichè è il bevitore privato d’ogni razional sentimento, apre, e manifesta, e manda fuori del petto suo ogni secreto, ogni cosa riposta e arcana; di che grandissimi e innumerabili mali già son seguiti e seguiscono tutto il dì. Ella è prodiga gittatrice de’ suoi beni e degli altrui, sorda alle riprensioni, e d’ogni laudabile costume guastatrice. La terza maniera de’ golosi, i quali in ciascheduna delle predette cose fuori d’ogni misura bevendo, e mangiando e agognando, trapassano il segno della ragione, de’ quali sì può dire quella parola di Job, bibunt indignationem, quasi aquam; ma secondochè si legge nel salmo: amara erit potio bibentibus illam: e come Seneca a Lucillo scrive nella XXIV. Epistola: Ipsae voluptates in tor mentum vertuntur; epulae cruditatem afferunt;