Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo II, 1831.djvu/133

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SOPRA DANTE 129

gro e addormentato appetito, ma gli vollono dall’indiane spezie e dalle sabee odoriferi; vuole la divina giustizia, che essi sieno dal corrotto e fetido puzzo della terra offesi, e abbiano in luogo delle mense splendide il fastidioso letto che l’autore descrive. E appresso, come essi furono detrattatori, millantatori e maldicenti, così siano a perpetua taciturnità costretti, fuor solamente di tanto, che come essi con gli stomachi traboccanti, e con le teste fummanti, non altrimenti che cani abbaiar soleano, così urlando come cani la loro angoscia dimostrino, e abbian sempre davanti Cerbero, il quale ha qui a disegnare il peccato della gola, acciocchè la memoria e il rimprovero di quella nelle lor coscienze gli stracci, ingoi e affligga; e in luogo della dolcezza de’ canti, i quali ne’ lor conviti usavano, abbiano il terribile suono delle sue gole, il quale gl’intuoni, e senza pro’ gli faccia desiderar d’esser sordi. Ma resta a vedere quello che l’autore voglia intendere per Cerbero, la qual cosa sotto assai sottil velo è nascosa. Cerbero, come altra volta è stato detto, fu cane di Plutone re d’inferno, e guardiano della porta di quello; in questa guisa, che esso lasciava dentro entrar chi voleva, ma uscire alcuno non lasciava. Ma qui, come detto è, l’autore discrive per lui questo dannoso vizio della gola, al quale intendimento assai bene si conforma l’etimologia del nome: vuole, secondochè piace ad alcuni, tanto dir Cerbero, quanto creon voras, cioè divorator di carne; intorno alla qual cosa, come più volte è detto di sopra, in gran parte consiste il vizio della gola; e perciò in questo dimonio più che in alcuno altro il figura, per-

com. di dante T. II. 9