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162 | COMENTO DEL BOCCACCI |
intorno a questa fortuna, intendo che in questo, e in ogn’altra cosa, sempre sia alla verità riservato il luogo suo.
Or discendiamo omai a maggior pieta:
Qui comincia la seconda parte del presente canto, nella quale l’autore fa tre cose: prima dimostra come discendesse nel quinto cerchio dell’inferno, dove dice trovò la palude chiamata Stige: nella seconda dimostra, in questo quinto cerchio esser tormentati due spezie di peccatori, iracondi e accidiosi: nella terza scrive, come per lo cerchio medesimo procedesse avanti. La seconda comincia quivi: Ed io, che di mirar. La terza quivi: Così girammo. Dice adunque; Or discendiamo omai, quasi dica: assai abbiamo ragionato della fortuna, e però discendiamo, a maggior pieta, cioè a maggior dolore; e mostra la cagione per la quale il sollecita allo scendere, dicendo:
Già ogni stella scende, che saliva
Quando mi mossi, nelle quali parole l’autore descrive che ora era della notte, e mostra che egli era passata mezza notte; perciocchè ogni stella, la quale sovra l’orizzonte orientale della regione cominciava a salire in su il farsi sera, come era quando si mossono, ed egli stesso il dimostra, dicendo, Lo giorno se n’ andava, era salita infino al cerchio della mezza notte; donde, poichè pervenute vi sono, cominciano, secondando il cielo il suo girare, a discendere verso l’orizzonte occidentale: e fatta questa descrizione dell’ora della notte, quasi per quella voglia dire aver mostrato loro essere stati molto, soggiugne la seconda