Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo II, 1831.djvu/253

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SOPRA DANTE 249

ciò, egli altro colore che l’usato avesse nel viso; il qual colore, nel principio di questo canto dice l’autore che egli ristrinse dentro, veggendo lui per viltà aver similmente mutato colore. E dividesi il presente canto in cinque parti, nella prima delle quali essendo l’autore per certe parole di Virgilio entrato in pensiero, muove un dubbio a Virgilio, e Virgilio gliele solve: nella seconda descrive, come di sopra le mura di Dite vedesse le tre furie, e udissele gridare: nella terza pone la venuta del Gorgone, e come da Virgilio gli fossero gli occhi turati, acciocchè nol vedesse: nella quarta descrive la venuta d’un angelo, per opera del quale descrive essere stata la porta della città aperta: nella quinta e ultima pone come nella città entrassero, e quivi vedessero in arche affocate punire gli eresiarchi. La seconda comincia quivi: E altro disse. La terza quivi: Volgiti indietro. La quarta quivi: E già veniva. La quinta quivi: E noi movemmo i piedi. Dice adunque nella prima parte così: Quel color che viltà, cioè la palidezza, di fuor, cioè nel viso, mi pinse,

Veggendo il duca mio tornare in volta,

estimava l’autore che i demoni, per le parole di Virgilio, dovessono liberamente dar loro l’entrata, siccome gli aveano i demoni superiori lasciati scendere giù per quelle medesime parole; ma poichè ide Virgilio aver parlato invano, e senza alcuno effetto, quasi come vinto tornare in volta, invilì l’autore, temendo non gli convenisse tornare indietro: e quando il cuore per alcuna passione invilisce, ogni vigore esteriore ricorre a lui, e perciò conviene che