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94 | COMENTO DEL BOCCACCI |
che anche questa giacea come l’altre, ratto, cioè tosto,
Ch’ella ci vide passarsi davante:
e disse così:
O tu, che se’ per questo inferno tratto,
cioè menato,
Mi disse, riconoscimi, se sai:
quasi volesse dire, guatami, e vedi se tu mi riconosci, perciocchè tu mi doverresti riconoscere; e la ragione è questa, che Tu fosti prima ch’io disfatto, cioè che io morissi, fatto, cioè creato e nato, perciocchè nella morte, questa composizione che noi chiamiamo uomo, si disfà per lo partimento dell’anima; e cosi nè ella che se ne va, nè il corpo che rimane, è più uomo: e veramente nacque l’autore molti anni avanti che costui morisse, e fu suo dimestico, quantunque di costumi fossero strani. Ed io a lei, cioè a quella anima: l’angoscia che tu hai, cioè del tormento nel quale tu se’, Forse è la cagione la quale ti tira fuor della mia mente, cioè del mio ricordo, e tiratene fuori,
Sì, che non par, ch’io ti vedessi mai.
Ma, poichè io non me ne ricordo, dimmi chi tu se’ che ’n sì dolente Luogo se’ messa, come questo è, e a sì fatta pena, come è questa, la quale è tale, Che s’altra è maggia, cioè maggiore, nulla è sì spiacente. Ed egli a me rispose così, la tua città, cioè Firenze, della quale tu se’, ch’è piena D’invidia, ed enne piena, sì, che già trabocca il sacco: quasi voglia dire ella n’è sì piena, che ella no