Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo II, 1831.djvu/99

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SOPRA DANTE 95

la può dentro a sè tenere, per la gran quantità conviene che si versi di fuori, cioè si pervenga agli effetti, i quali dalla invidia procedono; e questo dice costui, perciocchè Tra l’altre invidie che in Firenze erano, ve n’era una, la quale gittò molto danno alla città, e massimamente a quella parte alla quale era portata; e questa era la invidia la quale portava la famiglia de’ Donati alla famiglia de’ Cerchi; perciocchè; dove i Donati erano delle sustanze temporali anzi disagiati gentiluomini che non, vedendosi tutto dì davanti, siccome vicini in città e in contado, la famiglia de’ Cerchi, i quali in que’ tempi erano mercatanti grandissimi, e tutti ricchi e morbidi e vezzosi; e oltre a ciò nel reggimento della città, e nello stato potentissimi, avevano alle ricchezze e allo stato loro invidia e aveanne tanta che, come è detto, non potendola dentro più tenere, non molto poi con dolorosi effetti la versarono fuori. Seco mi tenne, siccome cittadino, in la vita serena, cioè in questa vita mortale, la quale chiama serena, cioè chiara, per rispetto a quella nella quale dannato dimorava. Voi cittadini, di Firenze, mi chiamaste Ciacco. Fu costui uomo non del tutto di corte, ma perciocchè poco avea da spendere, erasi, come egli stesso dice, dato del tutto al vizio della gola. Era morditore, e le sue usanze erano sempre con gentiluomini e ricchi, e massimamente con quegli che splendidamente e dilicatamente mangiavano e beveano, da’ quali se chiamato era a mangiare v’andava, e similmente se invitato non v’era esso medesimo s’invitava; ed era per questo vizio notissimo uomo a tutti