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LIBRO QUINTO 163


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A cui tosto rispose Palemone:
     Cosa del mondo null’altra cercava,
     Se non di trovar te, o compagnone;
     Questo voleva, e questo disiava,
     E però son uscito di prigione:
     E poi benignamente il salutava:
     Penteo gli rispose al suo saluto,
     E tostamente l’ha riconosciuto.

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E insieme si fer festa di buon cuore,
     E li loro accidenti si narraro:
     Ma Palemon, che tutto ardea d’amore,
     Disse: or m’ascolta, dolce amico caro,
     Io son sì forte preso dal valore
     D’Emilia bella col visaggio chiaro,
     Ched io non trovo dì nè notte loco,
     Anzi sempre ardo in amoroso foco.

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E tu so ch’ancor l’ami similmente;
     Ma più che d’uno ella esser non poria:
     Perch’io ti prego molto caramente
     Che tu consenta che ella sia mia:
     E’ mi dà il cor di far sì fattamente,
     Se questo fai, che quel che ne disia
     Di lei il mio cor n’avrà senza tardanza:
     Lasciala dunque a me sol per amanza.